Inizio rivolgendo un sentito ringraziamento a tutti i presenti alla cerimonia di oggi, alle autorità civili e militari, ai rappresentanti delle Forze dell’Ordine, alle associazioni d’arma, dei partigiani, dei reduci e dei combattenti e a Giuseppe Matulli, presidente dell’Istituto storico toscano della resistenza e dell’età contemporanea, che oggi ci aiuterà a riavvolgere il nastro della memoria fino a quel 25 aprile di 78 anni fa. Il 25 aprile rappresenta la data fondativa della nostra democrazia, oltre che della ricomposizione dell’unità nazionale dopo decenni di totalitarismo, violenza e violazione dei diritti: in una parola, Fascismo. Questa ricorrenza incarna i valori sui quali si basa la nostra Repubblica democratica: indipendenza e libertà. Una libertà conquistata da ogni uomo e ogni donna che hanno messo a rischio la propria propria vita avendo come unico faro la speranza di vedere di nuovo un’Italia unita e libera dal nazifascismo. Ed è con questo spirito che, ormai lontani da quegli anni bui e drammatici della storia del nostro Paese, celebriamo la loro forza, il loro coraggio e il loro sacrificio. Celebriamo le gesta di chi ci ha preceduto e ha costruito l’Italia democratica e plurale che oggi conosciamo. Si è trattato di un lungo e complesso percorso portato a compimento con la stesura della nostra Costituzione: un insieme dei principi e dei valori che hanno guidato gli italiani di allora che con competenza e lungimiranza hanno saputo raccogliere in un documento che ora è la bussola delle nostre azioni di cittadini.
La nascita della Costituzione ha sancito la fine di un periodo drammatico e l’inizio della nostra storia repubblicana fondata sulla giustizia e sull’uguaglianza. Quello che spetta a noi, italiani di oggi, è difendere quello che i nostri compatrioti di ieri ci hanno consegnato. Perché i diritti e la libertà, purtroppo, non sono mai acquisiti una volta per sempre: dobbiamo impegnarci ogni giorno, senza riserve, per continuare nel solco tracciato dai Padri costituenti e difendere il loro lascito.
La guerra in Ucraina, permettetemi il parallelo, è un drammatico esempio di questo. Un terribile conflitto nel cuore della nostra Europa democratica che nessun trattato o carta costituzionale sono riusciti a impedire e che ormai va avanti da più di un anno. La guerra è l’esatto contrario della libertà. La guerra è quanto esiste di più lontano dalla democrazia. In questo periodo complesso di privazione e paura, il popolo ucraino si è unito e resiste guidato dalla speranza di una ritrovata libertà nazionale.
Altrettanto, nel momento più cupo e difficile, molti italiani, a prescindere dalle appartenenze politiche, culturali e religiose, risposero prima di tutto alla loro coscienza per opporsi alla violenza, alla dittatura e all’ingiustizia. Ed è anche da quella capacità di non guardare alle differenze ma a ciò che li accomunava che noi dobbiamo trarre ispirazione ogni giorno. In ogni azione, grande o piccola.
Piombino ormai da troppo tempo sta attraversando un periodo difficile ed è proprio in queste circostanze che dobbiamo essere uniti, saldi, con lo sguardo rivolto al cambiamento. La nostra città, negli anni, ha visto consolidarsi una crisi economica conseguente a quella siderurgica, unico sistema che garantiva la sopravvivenza delle famiglie e della comunità. Una crisi economica che si è presto tramutata in sociale e culturale. Da questi anni difficili noi, oggi, dobbiamo trarre insegnamento così da imboccare il giusto percorso e risollevare, insieme, le sorti della nostra città. Abbiamo, tutti noi piombinesi, idee non necessariamente identiche su quale sia la giusta strada da intraprendere ma siamo accomunati dalla volontà di garantire un futuro sereno alla nostra città, lasciare ai nostri figli un luogo dove crescere e prosperare. L’acciaio, l’ho detto molte volte, rappresenta la storia di Piombino e deve essere rilanciato. Altrettanto, dobbiamo dare spazio all’impresa, al turismo, al commercio. Dobbiamo lavorare insieme, uniti, verso obiettivi di rilancio per Piombino così da non dover nuovamente vivere una crisi grave come quella che ha caratterizzato l’ultimo decennio.
Ogni tipo di crisi che dobbiamo affrontare ci richiama alla responsabilità, ci impone di mettere da parte le diversità in favore della comunità. Richiede fiducia, speranza e grande audacia. Gli stessi valori che hanno guidato coloro che hanno restituito all’Italia un futuro per i suoi figli.
I valori che la ricorrenza del 25 aprile porta con sé devono essere universali, non possono essere utilizzati come bandiera dell’una o l’altra parte politica. Sbaglia chi si arroga la paternità di quei valori come esclusivamente propri, allo stesso modo di chi li mette in dubbio. La libertà e la democrazia, sinonimi del 25 aprile, sono valori universali e devono diventare strumento di pacificazione, occasione di unità che va oltre le differenze.
Mi permetto ora di riportarvi il pensiero di un uomo politico italiano:
“Mi chiedo se l'Italia di oggi non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri. Non perché avessero ragione, o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le due parti. Bisogna sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e della libertà. Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro Paese, a costruire la Liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo Paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno. Dopo, poi, all'interno di quel sistema, comunemente condiviso, ci potranno essere tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni’’.
Con queste parole Luciano Violante, neo eletto presidente della Camera dei Deputati, ci consegna una chiave di lettura di quel periodo estremamente importante. Lo riporta sul piano della storia, non della politica. Non dell’eterna contrapposizione. Cicatrizza la profonda ferita che quel periodo ha lasciato in tutti noi e pone le basi per un’analisi virtuosa, per la comprensione e, finalmente, per la pacificazione.
Concludo esprimendo quello che forse è il più importante degli impegni che dobbiamo prenderci per il futuro dell’Italia: è necessario creare un collegamento tra le generazioni per garantire continuità a tutti questi valori e impedire che la storia si ripeta. Perché il ricordo e l’esempio non siano cancellati dal passare del tempo ma rimangano vivi nei cuori e nelle menti di chi continua a credere nella libertà.
Viva la Repubblica! Viva la democrazia! Viva l’Italia!