È sempre un grande piacere festeggiare a Riotorto la ricorrenza del 2 giugno: questo paese, questa comunità, incarnano alla perfezione alcuni dei valori più importanti su cui si basa la Costituzione, su cui si fonda la Repubblica. Il calore, il senso di comunità, il sostegno reciproco e il grandissimo e profondo impegno che ogni cittadino mette in campo per il bene della collettività si respirano in ogni angolo di questo paese. Per questo sono molto felice di continuare nella tradizione di celebrare qui la Festa della Repubblica. Il 2 giugno è una data pilastro per il nostro Paese, ne rappresenta i natali, è il fondamento della nostra democrazia. Una democrazia che è un dono e un’eredità da proteggere. Celebrare questa ricorrenza significa tenere vivi i valori che ne stanno alla base, ricordando lo spaccato della storia italiana che ha condotto i padri costituenti a redigere una delle carte costituzionali più belle, giuste e ispirate che l’umanità abbia mai visto. La Costituzione contiene valori che ogni italiano, spesso inconsapevolmente, ha interiorizzato e che ormai fanno parte del dna di tutti noi. È una caratteristica che condividiamo, è quello che ci rende italiani. La nostra concezione del lavoro, per esempio, è sancita dall’articolo 1 della Costituzione. L’attenzione alla ricerca e allo sviluppo, le grandi menti italiane, sono definite dall’articolo 9. Ma c’è un articolo in particolare, l’articolo 4, forse meno citato degli altri ma, a mio parere, estremamente significativo. Recita: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Il lavoro del singolo come motore di sviluppo del Paese, quindi. Il diritto di tutti i cittadini a svolgere la professione che preferiscono e l’impegno dello Stato a rendere effettivo questo diritto. Ecco, credo che dovremmo impegnarci, le istituzioni in primis ma anche come singoli, affinché questo articolo sia maggiormente rispettato. Penso in particolare alle donne e alle loro condizioni di lavoro. Alla paga troppo spesso inferiore a quella degli uomini, al carico domestico e familiare che, nonostante le enormi evoluzioni sociali degli ultimi decenni, grava ancora quasi interamente su di loro. All’immenso lavoro di cura non retribuita che svolgono nei confronti dei figli ma anche delle persone anziane o diversamente abili che quasi sempre occupa esclusivamente il loro tempo. Tempo sottratto al lavoro, allo sviluppo delle proprie capacità e competenze, alle proprie inclinazioni e ai personali interessi. Soprattutto, tempo che viene sottratto alla scelta di come impiegarlo perché messe all’angolo da una società che declina quasi totalmente al femminile il concetto di cura. E questo è un limite per le donne ma anche per la società che perde la possibilità di avvalersi del loro talento. Le donne troppo spesso abbandonano il lavoro dopo la nascita dei figli e questo è sintomo della carenza del supporto dello Stato che, a differenza di quanto sancito dall’articolo 4, non riesce a promuovere adeguatamente le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro. È un tema ampio e complesso che ho voluto sollevare proprio oggi, nella ricorrenza in cui le donne italiane, per la prima volta, hanno esercitato il diritto al voto. In cui hanno finalmente avuto la possibilità di far sentire la propria voce. Un diritto guadagnato a caro prezzo, dopo anni di lotte e sacrificio. Una lotta verso la parità che, però, evidentemente, non è ancora finita. Negli ultimi anni molti studiosi ben più competenti di me hanno trattato questo argomento contribuendo ad accendere i riflettori sulla condizione femminile e sul ruolo della donna nella società. Penso che tutti noi, uomini e donne, dovremmo ampliare la nostra conoscenza sul tema, imparare come uscire dal paradigma attuale e costruirne uno nuovo in cui le donne hanno effettivamente pari diritti. È un impegno che dobbiamo assumere tutti insieme per il bene delle nostre figlie, sorelle, mogli, madri ma anche per il bene della società. Una società che declina la propria azione al femminile è sicuramente una società più giusta e, mi permetto di dire, più aperta al talento e al cambiamento, condizione essenziale per il progresso della nostra amata Repubblica.
Viva l’Italia, viva la Repubblica.